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Periodicamente nasce l'esigenza di rivedere la differnza che c'è tra prepping e survival. Questo ovviamente non per stabilire se ve ne sia uno 'migliore' dell'altro o per creare alcun tipo di diversità o distanza, anzi... E' come mettere ordine nella BOB: pur sapendo che c'è dutto dentro, vale sempre la pena di ricontrollare e mettere ordine.

Abbiamo già affrontato l'argomento della nascita delle due discipline e dalle differenze macroscopiche ed esteriori. Oggi vogliamo portare questa analisi un passo oltre e vedere le differenze rispetto al contesto di applicazione e alla "normalità" della vita del singolo individuo.

Molti si chiedono come si diventa prepper, e tutti sanno che un'immagine vale più di mille parole. Questo è proprio il caso di oggi. Un membro della nostra comunità mette a confronto il suo "prima" ed il suo "ora". In mezzo un disastro, una alluvione, e la presa di consapevolezza che può capitare anche a noi. Ecco un passaggio da persona qualunque a prepper.

Avvicinandosi alla preparazione e soppravvivenza prima o poi ci si imbatte in discussioni in merito all'approccio alle molteplici difficoltà. Esistono scuole di pensiero che ci suggeriscono diversi angoli da cui guardare ed affrontare queste problematiche.

Parlando di filosofie di soppravvivenza e preparazione, il solo fatto che da milioni di anni abitiamo la terra, soggerisce che a molte se non a tutte, le domande “ancestrali” sia gia’ stata data risposta.

Proviamo oggi a studiare a fondo il periodo coloniale Americano-Canadese compreso tra il 1690 ed il 1760, con l'aiuto delle conoscenze di una società culturale che praticava la sperimentazione storica.

Analizzando nel contesto storico del periodo 1690-1760 i concetti da uno a otto esposti nella parte prima, viene spontaneo chiedersi se non si tenda a sottovalutare le implicazioni reali sia della sopravvivenza che della sostenibilita’. E’ un dubbio perfettamente lecito, d’altra parte per molti questa prospettiva rimane a livello di ipotesi o simulazione.

Guardando al passato si ottiene una prospettiva piu’ reale della concatenazione tra problematiche-soluzioni-risultati, sia nel breve termine (contesto di soppravvivenza), sia nel medio e lungo termine (contesto di sostenibilita’). Osserviamo quindi alcuni casi storici reali che ci permetteranno di capire meglio I concetti visti nel precedente articolo.

Nell'eventualità di un disastro, sia esso urbano, provinciale, regionale o nazionale, la Protezione Civile è l’organo preposto alla gestione di tali emergenze.

Suo scopo è garantire, in questi frangenti, un’immediato intervento con personale che abbia conoscenze specifiche del territorio e delle realtà connesse.

La Protezione Civile ha lanciato la campagna Io Non Rischio (http://www.iononrischio.it/2013/) nella quale alcuni volontari si impegnino ad informare direttamente i cittadini, nelle piazze, sulle problematiche relative alla prevenzione e gestione delle emergenze. L'iniziativa è capillarizzata su tutto il territorio e portata avanti a livello comunale.

Ci domandiamo: perché proprio la Protezione Civile ci esorta a prepararci? Come possiamo interpretare questa loro iniziativa?