Ma se togliamo il sogno e le romanticherie da questa storia, cosa rimane? La morale alla fine è molto diversa...
La storia di Supertramp
Nel 1990 si laureò e decise di attraversare l'Ovest Americano da solo, dopo aver donato i suoi 24.000 dollari di risparmi alla Oxfam. Intraprese inizialmente il suo viaggio con la sua vecchia auto, proseguì quindi a piedi facendo autostop, girovagando tra Stati Uniti occidentali e Messico settentrionale.
Trascorse gli ultimi 112 giorni della sua vita nei boschi dell'Alaska, nel parco nazionale di Denali, avendo come unico rifugio un vecchio autobus abbandonato, da lui chiamato Magic Bus. Per un certo periodo, Chris riuscì a sopravvivere con l'ausilio di pochi strumenti: un fucile, una sacca di riso, un libro sulle piante commestibili del luogo, una mappa del luogo e altri semplici oggetti da campo. Fu ritrovato morto all'interno dell'autobus, nell'agosto del 1992, da due cacciatori che ne scoprirono il corpo a due settimane dal decesso (avvenuto probabilmente il 18 agosto): ufficialmente è morto di fame (al momento del ritrovamento il cadavere pesava circa 30 kg), ma altre possibili cause sono il freddo e l'aver accidentalmente ingerito alcune piante velenose.
Di lui rimangono solo numerosi appunti da lui scritti, una macchina fotografica con cui aveva effettuato degli autoscatti e pochissime altre cose.
La fama
Nel gennaio del 1993, l'autore Jon Krakauer pubblicò la storia di McCandless sulla rivista Outside. Ispirato dai dettagli della storia di McCandless, Jon Krakauer ha scritto e pubblicato "Nelle terre estreme" nel 1996, che narra dei viaggi di McCandless. Il libro è stato adattato in un film di Sean Penn, "Into the Wild - Nelle terre selvagge", nel 2007.
Il suo diario è ricco di frasi e pensieri. Una di queste dice "La felictà è vera solo quando è condivisa". Ironico che a dirlo sia chi ha deciso di lasciare tutto o (soprattutto) tutti. Probabilmente si tratta di un ravvedimento tardivo...
Da allora Supertramp è visto da molti come una sorta di guru o eremita moderno che ha lasciato gli agi della civiltà moderna per vivere nella natura e nella libertà.
Ma è davvero così?
Tutto da rifare... ma non si può.
Se analizziamo la storia di Supertramp eliminando tutte le emozioni e i sentimentalismi risulta evidente che McCandless tutto poteva essere fuorchè un guru o un esempio da seguire. I suoi ideali, la ricerca e lo spirito libero sono e restano ampiamente condivisibili, ma quando dall'idea astratta si scende sul piano pratico e si cerca di concretizzare qualcosa spesso accade che i sogni vadano in frantumi, che la realtà reclami il suo posto e che si marchi in modo netto la differenza tra chi desidera qualcosa e chi ha le capacità per realizzarla.
McCandless è morto a causa della sua inesperienza, dell'incapacità ma soprattutto a causa della mancanza di pianificazione e di considerazione delle conseguenze delle sue azioni, e della testardaggine e dell'ego, dato che in 112 giorni certo non sarà mancato il tempo di rendersi conto della situazione, tornare indietro, chiedere aiuto, ed evenutalmente riprovare una seconda volta meglio preparato.
Rivediamo tutta la storia modificando una premessa: ipotizziamo che la passione di McCandless fosse stata il mare. Come sarebbe stata la sua storia in questo caso? Molto probabilmente l'avremmo visto vivere alcuni anni su diverse spiagge per poi trovare una imbarcazione malandata e abbandonata e con quella prendere il largo verso morte altrettanto certa dopo non poche difficoltà e sofferenze. Cosa penseremmo di una persona che si comporta in questo modo? Sicuramente che non ha tutte le rotelle a posto. Ma i sentimentalismi e l'errata concezione che natura e montagna possano essere meno pericolose ed inospitali del mare ci spinge ad essere clementi con Supertramp e ad emettere un giudizio diverso... ma sbagliato.
Il valore della concretezza
Se c'è una cosa che vale la pena prendere dalla storia di Christopher "Supertramp" McCandless è che le scelte vanno ponderate, che bisogna sempre prendere in considerazione le conseguenze e che la realtà presto o tardi viene a chiedere il conto.
Cambiare vita si può, e molto spesso è consigliabile. Ma pensare di farlo sullo slancio dell'emozione, senza la minima competenza e senza un briciolo di cervello comporta necessariamente un finale di quel tipo. Esistono decine di esempi di persone che hanno le stesse idee di McCandless, ma hanno avuto il sale in zucca di metterle in pratica gradualmente, o di pianificare tutto e di ritrovarsi quindi a vivere la vita che sognavano, non a morire per questa.
Se proprio vogliamo cercare un esempio, è molto meglio guardare a chi ha fatto del downshifting e del ritorno alla natura e all'indipendenza uno stile di vita gestibile e sostenibile. Non sono pochi, ma probabilmente non sono famosi perchè la loro lucidità non li rende adatti a trame di film e libri main-stream dei "vorrei ma non posso".