Negli ultimi due giorni i giornali e le televisioni sembrano non parlare d'altro: il raddrizzamento della Costa Concordia. E' fuori discussione che questo evento sia stato un prodigio dell'ingegneria e del lavoro di molti uomini che hanno permesso di liberare uno dei più bei tratti della costa italiana da quel vergognoso monumento all'idiozia e all'incompetenza umana. Ma quando al plauso per i tecnici si affianca uno smielato sussulto d'orgoglio, un tronfio amor di patria e odi di stampo D'Annunziano sull'eroica impresa, a noi viene da domandarci... "Ma quale orgoglio?"

Si può essere orgogliosi di quanto è accaduto? Questo salvataggio (operato da tecnici ed aziende straniere) possiamo chiamarlo nostro? E basta il successo in questo passaggio di questa triste storia per cancellare tutto il passato?

No... proprio no.

 

L'encomio della convenienza

Oggi sono tutti eroi, ora nessuno è più "uno Schettino" e ci sentiamo tutti "dei De Falco". Tutti parlano di Gulliver (ironicamente ignorando il significato di quel romanzo). Molti si spingono a paragonare la nave incagliata che si rialza dagli scogli al nostro paese schiantato sulla crisi economica e politica.

E' in particolare questo ultimo paragone, farcito di auto-commemorazione (pochi altri possono vantare la nostra stessa abilità di auto assolverci e di darci da soli delle gran pacche sulle spalle), ad essere stridente al limite del ridicolo. Stiamo paragonando infatti il nostro paese ad un rottame che è andato a sbattere per colpa dell'incompetenza e della superficialità di chi lo stava guidando che si è ben guardato dal rispettare le regole, che ha negato le proprie responsabilità e che per riparare al danno ha fatto spendere ad altri enormi quantitativi di denaro per poi far venire dall'estero le persone capaci di aggiustare le cose per poi prendersene il merito.
Non c'è che dire: il paragone, purtroppo, calza a pennello.

 

Un altro paragone, per chiarire

Immaginiamo la seguente situazione: siamo al volante della nostra auto, percorrendo una strada panoramica. Al prossimo tornante c'è un paesaggio particolarmente bello e, per fare piacere ai passeggeri, ci avviciniamo il più possibile per vederlo meglio contravvenendo al codice della strada. "...ma tanto lo fanno sempre tutti". Nel fare questa manovra qualcosa va storto: avviene un incidente ed uno dei passeggeri rimane gravemente ferito (o peggio...). L'auto è inservibile e siamo costretti ad abbandonarla.

Passano le settimane, i mesi... Con vigili ed assicurazione non riusciamo a giustificare la cosa e a spiegare l'avvenuto ed attribuire (ammettere?) le responsabilità. Il paesaggio rimane deturpato, veniamo additati come incapaci ed irresponsabili. Il recupero del nostro veicolo è un'operazione complicata. Ci vorranno tempo e soldi. Molti soldi. Serve un carro attrezzi speciale, lo facciamo venire dall'estero e lui, con una manovra molto complicata, riesce a rimuovere il nostro rottame da dove lo avevamo schiantato.

Ecco, dopo tutto questo possiamo sentirci orgogliosi e tronfi per aver dimostrato al mondo quanto siamo stati capaci di fare? Ossia:

  • contravvenire alle regole
  • non individuare un responsabile
  • rovinare quanto di bello abbiamo
  • fare (l'ennesima) figuraccia
  • (far) pagare un sacco di soldi perchè altri vengano a sistemare il casino che abbiamo fatto noi.

 Serve aggiungere altro?

 

Come la vede un prepper

E' l'ennesimo caso in cui "si è bravi solo dopo il disastro". Questa è una specialità tutta nostra: coprire con le emozioni e col "buon cuore" le proprie colpe. Ma solo dopo. Capacità di evitare e prevenire pari a zero. E' solo dopo l'alluvione che si pensa al dissesto idrogeologico. E' solo dopo il terremoto che si guardano le planimetrie della casa dello studente. Solo dopo lo sversamento dei rifiuti tossici, dopo l'estinzione di una specie protetta, dopo la cementificazione o la contaminazione da radiazioni.

Così  "si mette in moto la maccihna dei soccorsi", e "si dimostra la solidarietà con un SMS" e tutti guardano avanti: "scordammose 'o passato". Così i colpevoli non pagano mai, e nuove vittime sono lì a tentare la sorte.

Capiamoci: tutti offriremmo una birra a Nick Sloan e a tutti gli altri operai, tecnici, ingegneri, volontari e chiunque altro abbia collaborato sin dalla notte del naufragio. Non a caso Sloan, della compagnia sudafricana Titan Salvage, è il primo a dire "It's not over yet", metre gli altri pensano già alle commemorazioni.

 

Ma sia chiaro: il merito è solo loro, nessuno provi ora a salire sul carro del vincitore. Se proprio volete salire da qualche parte...

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